Lo scorso anno nel mese di luglio, una delegazione di oltre 60 Cavalieri del Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta OSJ si è recata nella Repubblica Araba di Siria; a capo della Delegazione era S.A. Don Thomas Molendini di Santa Magdalena Alto Consigliere Personale del Principe Gran Maestro Don Thorbjorn Paternò Castello di Carcaci.

Già allora la situazione  interna in Siria era molto critica, ma il Nostro Ordine voleva dare un segno tangibile della Nostra vicinanza alla popolazione.

L’Ordine oggi più che mai, ha l’obiettivo e la volontà di rafforzare i propri rapporti con i Rappresentanti di Strutture Umanitarie che sono impegnate in prima linea nel supporto della popolazione siriana.

In questo momento il Sovrano Ordine OSJ e precisamente il Principe Gran Maestro Don Thorbjorn I Paternò Castello ha  delegato il Suo Alto Consigliere Don Thomas Molendini di Santa Magdalena che ha intrapreso un lavoro di collaborazione e reciprocità con diverse Associazioni che operano in Siria, e nel prossimo futuro sono previsti accordi di collaborazione con:

–  “ASSOCIAZIONE DELLA COMUNITA’ ARABA SIRIANA IN ITALIA”

–  “SYRIAN-ITALIAN ASSOCIATION CANCER CONTROL”

–  “ASSOCIAZIONE DEI MEDICI E FARMACISTI ITALO SIRIANI IN ITALIA”

Alla solenne Cerimonia d’Investitura che si terrà il 13 ottobre p.v. Alla Certosa di San Lorenzo sita in Padula, il Sovrano Ordine avrà l’immenso piacere di ricevere il Dott. Nabil Al Mureden; Medico e Presidente dell’Associazione che interverrà per raccontare in prima persona la propria testimonianza.

Di seguito alcuni dati certi, giusto per avere un’idea reale della situazione attuale in Siria.

EMERGENZA UMANITARIA IN SIRIA

In Siria, oltre 27mila persone hanno perso la vita e 1 milione e mezzo sono state costrette ad abbandonare le proprie case da quando, nel marzo 2011, sono iniziati gli scontri tra i gruppi armati di opposizione e le forze governative. Nel mese di luglio l’escalation di violenza ha spinto la comunità internazionale a definire ufficialmente il conflitto siriano come guerra civile.

Si stima che oggi 2 milioni e mezzo di siriani subiscano in prima persona le conseguenza della crisi. Da aprile ad agosto, il numero complessivo di rifugiati nei paesi confinanti è quadruplicato: quelli registrati in Libano, Giordania, Iraq e Turchia hanno superato i 290mila, ma le persone che hanno cercato protezione fuori dalla Siria sono con ogni probabilità molte di più e la precarietà delle loro condizioni umanitarie trasforma ormai questa guerra in una crisi regionale.

Tra le conseguenze del conflitto anche una grave crisi alimentare, dovuta all’abbandono dei terreni ormai insicuri e al protrarsi della siccità. Secondo un rapporto realizzato da FAO, WFP e Ministero dell’Agricoltura siriano, almeno 3 milioni di persone sono a rischio di insicurezza alimentare. La metà circa necessita di aiuto urgente per i prossimi 3-6 mesi.

A fronte di questa drammatica situazione e delle testimonianze raccolte dagli operatori sul terreno, AGIRE ha deciso di lanciare un appello di raccolta fondi per sostenere le ONG del network impegnate in programmi di assistenza umanitaria in Siria e nei paesi confinanti.

SIRIA, LA CRISI DI RIFUGIATI

Domande e risposte per capire meglio la situazione

Quanti sono i rifugiati fuggiti dalla Siria?

Da aprile ad agosto, il numero di persone che hanno abbandonato la Siria e che l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha registrato in Giordania, Turchia, Libano e Iraq è più che quadruplicato, passando da 40 mila a 170 mila. Circa il 75% sono donne e bambini.

Le organizzazioni umanitarie che operano in questi 4 paesi segnalano che sono molti di più i rifugiati che non si sono registrati, per il timore di segnalare così la loro fuga, oppure perché hanno trovato accoglienza lontano dai centri di registrazione e non vedono vantaggi nel registrarsi.

In Giordania si è passati da 7 mila a 46 mila persone, soprattutto a seguito dell’inasprirsi della violenza a Dera’a, Homs e Damasco. Il governo giordano stima che da marzo 2011 circa 150 mila rifugiati siriani abbiano attraversato i confini del paese. Per far fronte a questo esodo, lo scorso 29 luglio un campo rifugiati è stato aperto a Za’atri con la possibilità di ospitare a pieno regime fino a 113 mila persone. Circa 300 siriani al giorno si registrano come rifugiati in Giordania.
Anche il Libano accoglie attualmente 46 mila rifugiati. Circa 18 mila hanno raggiunto il paese tra il 18 e 19 luglio attraverso il punto di frontiera di Masna’a: da allora i flussi si sono stabilizzati, anche se il numero di persone che chiede protezione in Libano è superiore al numero di ritorni in Siria. Alcuni osservatori ritengono che, a differenza di quello giordano, il governo libanese sottostimi il numero di rifugiati per evitare tensioni sull’instabile bilanciamento politico del paese.

L’Iraq ha riaperto il confine lo scorso 23 luglio e ospita circa 15 mila rifugiati siriani. A questi si aggiungono i circa 27 mila rifugiati iracheni che erano fuggiti in Siria che hanno deciso di fare rientro in Iraq per il peggioramento delle condizioni di sicurezza nel paese che li ospitava.

Sono invece circa 61 mila i siriani che hanno trovato rifugio in Turchia. Secondo le stime ufficiali del governo, la popolazione nei campi è cresciuta quasi dell’80% negli ultimi 2 mesi, compromettendo la capacità di accoglienza complessiva del paese e rendendo necessaria la costruzione di ulteriori siti rispetto ai 7 campi già operativi nelle province di confine di Hatay, Gaziantep, Kills e Ceylanpinar.

In crescita il numero di persone che cercano riparo al di fuori della regione: alcune fonti sostengono che circa 25 mila rifugiati siriani siano entrati in Algeria, mentre più di 12 mila richieste di asilo sono state presentate da cittadini di nazionalità siriana che hanno raggiunto i paesi europei. Si stima che nel 2012, almeno mille siriani siano arrivati in Europa ogni mese.

Quali sono le politiche di accoglienza adottate dai paesi confinanti?

Sin dall’inizio della guerra civile, i 4 paesi confinanti hanno mantenuto aperte le frontiere per facilitare l’accesso dei siriani in fuga. Secondo l’UNHCR, ai rifugiati non sarebbe richiesto alcun visto per entrare in questi paesi, sia attraverso i valichi di frontiera ufficiali che attraverso quelli non ufficiali. Tuttavia sarebbe semplicistico descrivere la situazione in modo così lineare.

Numerosi rifugiati hanno denunciato come il governo siriano abbia in alcune circostanze rifiutato di consentire l’uscita legale dal paese, costringendo molti di loro a farlo illegalmente. I confini libanesi sono aperti ma alcuni rifugiati hanno lamentato l’assenza di protezione una volta raggiunto il paese. Il primo agosto, il quotidiano libanese “The Daily Star” ha raccontato l’episodio della deportazione di 14 attivisti anti-regime verso la Siria, sospettati di aver commesso furti, attaccato l’abitazione di un ufficiale dell’esercito e aver presentato documenti contraffatti.

Anche la presenza di ordigni esplosivi ai confini della Siria con Turchia e Libano ha reso più difficile l’accesso verso quei paesi. Nel nord-Iraq, al valico di frontiera Rabi’a, i curdi siriani sono automaticamente considerati rifugiati e ricevono assistenza da parte delle autorità locali. Viceversa, poco più a sud, il valico al-Qa’im è stato chiuso due volte dal governo iracheno e sono stati denunciati casi di detenzione e respingimento dei rifugiati.

Più complessa la posizione del governo turco, che in questi mesi ha sempre autorizzato l’ingresso dei rifugiati siriani, anche quando ha ritenuto di chiudere i propri confini al traffico commerciale proveniente dalla Siria. Il 20 agosto, tuttavia, il ministro degli esteri Ahmet Davutoglu ha dichiarato che la Turchia è in grado di accogliere sul proprio territorio non più di 100 mila rifugiati, invitando le Nazioni Unite a predisporre campi di accoglienza all’interno dei confini siriani.

Dove vengono accolti i rifugiati?

In Giordania è pienamente operativo il nuovo campo rifugiati di Za’atari, che ospita in questo momento circa 7 mila persone. A piena capacità, il campo potrà ospitare fino a 130 mila rifugiati. Le condizioni di vita sono purtroppo estremamente difficili, principalmente a causa del caldo e del vento che solleva la sabbia del deserto.
Il Libano ha deciso invece di non ospitare i rifugiati in campi profughi. I siriani che si sono rifugiati nella capitale Beirut sono stati in gran parte supportati dalle loro reti di relazioni personali e non richiedono ulteriore assistenza. La maggior parte dei rifugiati è tuttavia ospitata in abitazioni private nelle aree più povere del paese (regioni settentrionali e valle della Bekaa): numerosi hanno trovato riparo in edifici pubblici, come scuole e moschee.
I rifugiati registrati in Turchia sono assistiti in 9 campi costruiti nelle provincie di confine di Hatay, Gaziantep, Kilis e Sanliurfa. Il nuovo sito di Akcakale, operativo dallo scorso 6 agosto, accoglie già circa 8.500 rifugiati, mentre altrettante persone recentemente entrate nel paese sono temporaneamente ospitate nelle scuole e nelle palestre di alcuni villaggi dell’area, in attesa che nuovi campi siano resi operativi. Le autorità turche hanno pianificato di allestire fino a 13 nuovi campi per aumentare la capacità di accoglienza fino a 100 mila rifugiati.

In Iraq, circa 2.500 rifugiati curdo-siriani sono ospitati nel campo di Domiz, nel kurdistan iracheno. Un ulteriore campo è in fase di allestimento nell’area di frontiera di al-Qa’im. Inoltre, il campo rifugiati di al-Waleed, che già ospitava rifugiati palestinesi nel deserto al confine con la Siria, sta per essere ampliato con l’obiettivo di accogliere ulteriori profughi siriani. Numerosi rifugiati sono ospitati in strutture pubbliche, in attesa di poter raggiungere i propri parenti all’interno del paese.

I rifugiati hanno libertà di movimento?

In Turchia i rifugiati sono stati prima confinanti nei campi gestiti dal governo al confine con la Siria, ma ora sono stati autorizzati a muoversi liberamente all’interno della Turchia. Tuttavia molti non hanno le risorse per abbandonare i campi.
In Libano, ai rifugiati siriani non è concesso muoversi liberamente. In Giordania, in un primo momento era sufficiente una garanzia da parte di un cittadino residente per consentire al rifugiato di spostarsi all’interno del paese. Questo sistema è stato recentemente modificato e il governo giordano ora impedisce ai rifugiati siriani di lasciare le aree di frontiera.

Quali sono i bisogni umanitari non coperti?

In Libano, la maggior parte dei rifugiati è localizzata nelle aree più povere del paese: la regione settentrionale e, a est, la valle della Bekaa. Il gap umanitario più rilevante nel paese riguarda l’accesso all’educazione primaria dei bambini rifugiati: i tassi di frequenza scolastica sono estremamente bassi, con solo 13 bambini siriani su 100 che frequentano le scuole elementari libanesi. Anche i bisogni sanitari dei rifugiati destano preoccupazione, soprattutto dopo che le autorità libanesi hanno annunciato lo scorso mese l’interruzione della copertura dei costi medici per i rifugiati siriani. I fondi donati dai paesi del Golfo sono sufficienti unicamente per garantire l’assistenza medica di prima necessità.
In Giordania, il governo ha condotto insieme alle agenzie umanitarie una prima valutazione dei bisogni dei profughi siriani e ha identificato cibo, acqua e sistemi sanitari come le priorità di intervento più urgenti. Il crescente numero di rifugiati ospitati dalle comunità giordane ha aumentato la pressione sulla capacità delle autorità locali di fornire i servizi pubblici essenziali. In Iraq, i principali problemi riguardano il settore sanitario, che risente soprattutto della carenza di medicinali, nonché sistemi d’acqua, generatori con carburante e altri beni di prima necessità per le aree di maggiore presenza di rifugiati.

Molti rifugiati sono preoccupati per la loro sicurezza. In particolare coloro che risiedono oltre i confini di Giordania e Libano temono di essere vittime di intimidazioni, attacchi e rapimenti. Molti incidenti di questo tipo sono stati segnalati nelle ultime settimane.

Quanti sono i fondi disponibili?

La carenza di fondi rimane il principale ostacolo ad attività di assistenza umanitaria più ampie. Nonostante il progressivo aumento del numero di rifugiati ospitati nei paesi confinanti, il Regional Refugee Response Plan con cui le Nazioni Unite hanno richiesto aiuti per 193 milioni di dollari risulta oggi finanziato solo al 40%.

Continua a crescere l’emergenza umanitaria in Siria. Sono già 300mila i rifugiati fuggiti dalle violenze in corso nel Paese, ed entro fine anno il loro numero potrebbe salire a 700mila. Lo prevede l’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani, con sede a Ginevra. Lo scorso marzo i rifugiati registrati erano 41.500, sette volte meno.

Le Nazioni Unite e le organizzazioni partner lanciano oggi un appello aggiornato da 487,9 milioni di dollari per fornire assistenza ai rifugiati siriani. Il Piano di Risposta regionale per i Rifugiati siriani (Regional Response Plan for Syrian Refugees) descrive le iniziative pianificate da 52 organizzazioni umanitarie, coordinate dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), per assistere i flussi sempre più consistenti di rifugiati siriani.

Panos Moumtzis, il Coordinatore regionale dell’Unhcr per i rifugiati siriani, ha riferito che molti rifugiati arrivano portandosi solo i vestiti che avevano indosso al momento della fuga. I rifugiati hanno dunque bisogno di assistenza umanitaria fin dal momento dell’arrivo.

L’appello dell’Onu del marzo scorso prevedeva che circa 100mila siriani sarebbero fuggiti dal proprio paese entro la fine del 2012 (un numero superato a luglio), mentre l’appello lanciato oggi stima che i rifugiati siriani nei paesi confinanti potrebbero raggiungere le 700mila unità a fine dicembre.

Giordania, Libano, Iraq e Turchia sono i paesi dove si riversano maggiormante coloro che fuggono dalle violenze. Il campo profughi di Zaatri, in Giordania, inaugurato a fine luglio, ospita oggi circa 32mila rifugiati siriani. Il campo di Domiz, in Iraq, vicino alla città di Dohuk, nel nord del paese, accoglie invece oltre 27mila rifugiati siriani. In Turchia, dove il governo si è assunto la responsabilità totale per la gestione dei campi profughi, la stragrande maggioranza dei rifugiati siriani è ospitata nei tredici campi esistenti, che accolgono quasi 88mila persone. In Libano, la maggior parte dei rifugiati vive in appartamenti in affitto o è ospitata da famiglie libanesi.

Le donne ed i bambini costituiscono il 75 percento dei rifugiati siriani. Per questo motivo l’istruzione e le cure sanitarie sono tra le priorità di questa emergenza. Stando alla Direttrice regionale per il Medio Oriente ed il Nord Africa dell’Unicef, Maria Cavilis, la sfida cui bisogna far fronte a tutti i costi è garantire che tutti i bambini siriani rifugiati siano a scuola, immunizzati con tutti i vaccini e vestiti in maniera adeguata per i rigori invernali sempre più vicini.

ASIA/SIRIA – Oltre un milione di bambini a rischio alimentare e sanitario a causa della crisi

Damasco (Agenzia Fides) – In Siria, e nei paesi vicini dove si sono rifugiati, è allarme minori per la scarsità di generi alimentari e di strutture sanitarie. Sono decine di migliaia i piccoli coinvolti nel conflitto interno in corso da un anno e mezzo privi di accesso all’acqua potabile, all’alimentazione e assistenza sanitaria adeguate. A causa degli scontri bellici, molti minori rifugiati e le loro famiglie non hanno potuto ricevere le vaccinazioni di routine o altri servizi di controllo della salute. Ad Aleppo ieri è stato registrato un ennesimo massacro di piccole vittime. Secondo un responsabile regionale per la Sanità del Vicino Oriente dell’UNICEF, la situazione è molto grave, perché durante le crisi i minori sono le vittime più vulnerabili alle epidemie e alla malnutrizione, in particolare quelli che vivono nei campi profughi come quello di Zaatari, nel nord della Giordania. L’organizzazione dispone nel paese di 8 unità mediche mobili, grazie alle quali è riuscita ad assistere 175 mila persone ad Aleppo, Damasco, Daraa, Hama e Homs. Dai controlli fatti, il quadro globale è allarmante, soprattutto a Damasco e nelle periferie che circondano la capitale. Si stima che 1,3 milioni di bambini siano vittime della grave crisi politica e militare interna, e che sin dall’inizio siano coinvolti attivamente negli scontri. Diverse organizzazioni a tutela dei diritti umani, come Human Rights Watch, Amnesty International o l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, hanno denunciato casi concreti di arresti, torture e assassini di minori coinvolti in manifestazioni o catturati negli scontri tra l’Esercito Siriano Libero e le forze governative. (AP) (7/9/2012 Agenzia Fides)

Siria, profughi al confine iracheno

Muoiono donne incinte e bambini

La Siria ha accolto almeno un milione di iracheni nel periodo del conflitto confessionale, tra il 2006 e 2008. All’epoca da Falluja era più facile andare a Damasco che a Baghdad. In questo tragico gioco delle parti in cui i rifugiati di ieri sono gli ospitanti di oggi, sembra che ai siriani stia toccando un destino, se possibile, peggiore di tutti gli altri.

EBRIL – Pochi giorni fa 400 famiglie, composte per lo più da donne e bambini, sono state bloccate al posto di confine di Al-Qaem nella regione irachena dell’Anbar. Fuggivano dall’artiglieria di Assad, che ha attaccato la città di Der el Zur, ma al confine gli iracheni hanno eretto barriere alte 4 metri per evitare che entrassero. Nonostante le proteste dello stesso Parlamento iracheno, per i siriani non c’è stata possibilità di mettersi al riparo dalla guerra. Si sono accampati al confine nella terra di nessuno, attendendo che qualcuno li aiutasse. Una donna incinta è morta, lo stesso è accaduto a tre ragazzi feriti. Un bambino è deceduto per un attacco di asma, dovuto ad una delle tante tempeste di sabbia che attraversano questa terra.

Un tragico gioco delle parti. In questo tragico gioco delle parti in cui i rifugiati di ieri sono gli ospitanti di oggi, sembra che ai siriani stia toccando un destino, se possibile, peggiore di tutti gli altri. Bloccati alle frontiere con l’Iraq, a rischio di espulsione e reclusi in campi infernali come quello di Za’atari in Giordania, in mezzo a conflitti armati in Libano. Molti tra i governi coalizzati contro Assad stanno già ragionando al futuro della Siria, alle sue future classi dirigenti, e alle relazioni economiche. Farebbero invece bene ad occuparsi con un po’ più di attenzione anche della crisi umanitaria attuale. Perché i paesi dell’area sono tutti molto fragili ed alcuni dicono che la Siria rischia di diventare il nuovo Iraq, altri che sarà simile al Libano. Potrebbe diventare una miscela esplosiva di entrambe le tragedie.